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A partire dall'episodio dell'adultera minacciata di lapidazione dalle autorità religiose giudaiche e dal rifiuto di Gesù di giudicarla, Lytta Basset si interroga sull'irresistibile impulso umano a formulare giudizi, impulso da cui non è esente la presunta morale cristiana. Se, in quanto esperienza del divino nell'umano, la stessa incarnazione comporta la tentazione del giudizio, il rifiuto di Gesù apre prospettive del tutto inedite: "Io non giudico nessuno" (Giovanni 8,15) diviene infatti un'affermazione liberatoria, capace di ristabilire relazioni autentiche con l'altro, liberandoci dall'ossessione del giudizio e guarendoci dalla paura collegata dell'essere giudicati.