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La teoresi dantesca del tradurre non si esaurisce nelle esigue e frequentatissime considerazioni speculative contenute nel «De vulgari eloquentia» e nel «Convivio», ma si declina attraverso vari exempla di resa sparsi soprattutto nei due trattati e nella «Commedia». Alle luce di un ampio percorso storico-critico e attraverso l'analisi di un composito costrutto di rimandi intertestuali, Vincenzo Salerno ricostruisce il rapporto dialogico e dialettico fra pratica traduttiva e tradizione letteraria nella produzione di Dante, mostrando che il transmutare dantesco rinvia sia all'indiscussa esemplarità dei modelli filosofico-letterari della classicità greco-latina, sia agli scritti - sacri e di commento - della tradizione cristiana. Una lettura inedita di Dante, in cui il discorso traduttologico cede volentieri il passo alla storia della critica e al metodo comparativo.