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«Nell'editoriale del primo numero di Domus del 1928, Giò Ponti descrive la "casa all'italiana" come spazio di rapporto tra interno ed esterno: "Nella casa all'italiana non vi è grande distinzione di architettura fra esterno ed interno: altrove vi è addirittura separazione di forme e di materiali: da noi l'architettura di fuori penetra nell'interno, e non tralascia di usare né la pietra né gli intonaci né l'affresco; essa nei vestiboli e nelle gallerie, nelle stanze e nelle scale, con archi, nicchie, volte e con colonne regola e ordina in spaziose misure gli ambienti per la nostra vita. Dall'interno la casa all'italiana riesce all'aperto con i suoi portici e le sue terrazze, con le pergole e le verande, con le logge ed i balconi, le altane e i belvederi, invenzioni tutte confortevolissime per l'abitazione serena e tanto italiane che in ogni lingua sono chiamate con i nomi di qui". (Ponti, 1928). Nello stesso anno a Poissy, alla periferia di Parigi, Le Corbusier inizia la progettazione di Ville Savoye (terminata nel 1931), manifesto dei cinque punti dell'architettura moderna che condizioneranno in modo irreversibile il progetto dell'architettura e della città negli anni a venire, introducendo un concetto di integrazione tra l'interno e l'esterno impensabile nel modo di fare architettura fino a quel momento. L'anno precedente, nel 1927 in occasione dell'esposizione organizzata dal Deutscher Werkbund a Stoccarda, viene inaugurato il Weissenhofsiedlung, vetrina dell'eccellente grado di innovazione che l'architettura aveva incredibilmente raggiunto, proponendo nuovi rapporti tra la vita privata e la vita pubblica del quartiere. Già dai primi giorni di apertura il successo di pubblico è impressionante. Si conta che l'esposizione, dal luglio all'ottobre del 1927, venga visitata da oltre mezzo milione di visitatori, a testimoniare l'interesse al cambiamento dei modi di vita. L'anno successivo, all'Expo di Barcellona del 1929, Mies Van der Rohe costruisce il Padiglione della Germania, che viene demolito in fretta e furia appena terminata la manifestazione e ricostruito fedelmente nel 1986, per ricordare la potenzialità dell'innovazione che il prototipo aveva introdotto e che all'epoca non era stato compreso. Gli spazi interni della casa, da sempre classificati secondo una chiara suddivisione tipologica definita dagli usi, si trasformano fino a diventare labili, le attività si fondono in uno spazio liquido, le funzioni sono sostituite dalla necessità. In tre anni si gettano le basi dell'abitare moderno, che cambiava radicalmente il concetto di casa e con esso il rapporto interno/esterno...» (Andrea Rinaldi)