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"Quando abbiamo deciso di festeggiare i 700 anni dalla realizzazione della Maestà di Lippo Memmi ho subito pensato che potesse essere un'occasione unica per costruire un percorso di valorizzazione dell'opera, ma soprattutto che potesse essere un modo per riconoscerle il ruolo di icona identitaria per la nostra comunità. Il valore dell'opera, da un punto di vista storico-artistico, era già noto e certamente, in questo intenso anno di incontri e studi, è stato ampiamente approfondito. Gli studiosi che hanno accolto il nostro invito a parlare della Maestà nella giornata di studi, ci hanno permesso di rileggere l'opera da più punti di vista e di conoscerla a fondo: la presente pubblicazione testimonia la qualità degli interventi. Ma non era soltanto l'approccio scientifico quello che mi interessava, volevo che la nostra comunità si ricordasse di questa opera, della sua importanza, che avesse voglia di eleggerla a luogo identitario. Durante i miei studi universitari ero affascinata dall'idea che le opere nel Medioevo venissero portate a furor di popolo nelle chiese, che la partecipazione della comunità fosse così forte, che l'arte e la cultura fossero al centro della comunità e rappresentassero valori e contenuti centrali. Si graffiavano con le mani le rappresentazioni dei demoni nelle pale per esorcizzare il Male e punirlo, si chiedeva di costruire ampliamenti a chiese per rendere più funzionale il culto, proprio come è accaduto alla nostra Chiesa di San Lorenzo in Ponte a San Gimignano. Il popolo partecipava, chiedeva alla cultura e i committenti e gli artisti rispondevano. Volevo che la nostra comunità si ricordasse di quella spinta e la facesse propria. Volevo che parlassero della Maestà non soltanto gli studiosi, ma che la comunità la ripensasse, la digerisse e la restituisse secondo la propria sensibilità." (Carolina Taddei)