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Tema centrale del moderno sistema di igiene processuale risiede nella disciplina e nella concreta applicazione delle invalidità, con particolare riguardo alla inutilizzabilità e alle sue propalazioni: il riferimento va evidentemente alla "inutilizzabilità derivata", in relazione alla cui configurabilità si contrappongono ormai da anni due scuole di pensiero figlie di approcci sistematicamente opposti allo studio del diritto processuale penale. I fautori della teoria del male captum bene retentum da un lato, per i quali non può riconoscersi diritto di cittadinanza - nel sistema processual-penalistico italiano - a una forma derivata di inutilizzabilità; i sostenitori della fruif of the poisonous tree doctrine dall'altro lato, per i quali il vizio affliggente la prova-madre ben può propagarsi al dato euristico derivante dalla prima o comunque a essa inscindibilmente collegato. La centralità e la attualità del tema emergono con piena evidenza se solo si consideri come la tipica fattispecie generatrice della questione in esame (vale a dire, il rapporto tra perquisizione viziata e sequestro probatorio) appaia oggi persino anacronistica, visto il progresso tecnologico coinvolgente le tecniche di investigazione e le ricadute avutesi sull'apparato di igiene processuale, per come disegnato dal legislatore e recentemente "rimodulato" da taluni opinabili interventi giurisprudenziali. In questo complesso quadro, l'approccio comparatistico e il raffronto tra esperienze variegate nella strutturazione di sistemi di igiene processuale può certamente fungere da guida per l'elaborazione di soluzioni utili a risolvere l'annoso dibattito intorno alla configurabilità di una forma derivata di inutilizzabilità nell'ordinamento italiano e in quello europeo, garantendo e comunque promuovendo lo sviluppo di un sistema bilanciato, che risulti in grado di tutelare tanto le esigenze pubblicistiche quanto gli interessi soggettivi coinvolti dalla propagazione del vizio tra prove.