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Le "Regìe senza films" di Luigi Socci, poeta molteplice e paradossale, si articolano secondo versi dall'alta vocazione orale e performativa, ma che riempiono la pagina con la precisione di una partitura. Un libro antiaccademico, imbevuto di cultura pop e tradizione, che vive del linguaggio dell'ironia (fino al comico-demenziale) come di quello tragico, e dei continui ribaltamenti dell'uno nell'altro. Tra le altre cose, una riflessione sul mandato sociale del poeta, ai confini della poesia civile. L'Io poetico - di volta in volta llusionista o monologhista, figurante o ventriloquo, controfigura o suggeritore - si disloca e traveste, si maschera e smaschera; arrivando, infine, a una sua verità.