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Cosa succede se si affidano i versi della più sensibile e visionaria delle poetesse agli algoritmi di un traduttore automatico? Accade che le parole esplodono nell'assurdo e i significati si moltiplicano verso direzioni imprevedibili, oscillando vertiginosamente tra il reale e il meraviglioso, il grottesco e il sogno. Così, con irresistibile effetto comico, il mondo di Emily Dickinson si popola di charter in delirio, piste di peluche, zuppe inglesi e bandiere gay, mentre il suo immaginario fatto di api e fiori, ebbrezza ed eternità viene assalito dai tecnicismi dell'informatica, dello sport e dell'economia. Un esperimento inedito e attuale che, come suggerisce Martina Testa nella sua postfazione, offre "l'ennesimo esempio delle infinite possibilità delle parole, simboli che, a forza di traslazioni e ricombinazioni, sono in grado di smontare e rimontare interi mondi".