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«L'ascesa comporta una particolare forma di staticità, perché avviene comunque attraverso il mantenimento in sé del proprio punto di partenza, della base da cui il movimento si è innalzato. Il salire in verticale può indicare allora, più che un elevarsi, un approfondimento di sé rispetto all'inizialità del proprio gesto. Nell'anelito verso l'altezza, nell'andare oltre se stessi, più che la paura della propria caduta, dovrebbe permanere in atto la trepidazione verso una profondità al di sotto di sé. Il concetto di altitudo infatti implica il riferimento sia all'altezza che alla profondità, il che spiegherebbe perché nella costante comparazione tra base e vertice si mantenga in atto qualcosa che potremmo indicare come un momento drammatico ».