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"In quel braccio di mare" deve il suo nome ad un modo di dire siciliano non molto noto, e comunque desueto. Perché "quando un uomo è paragonabile ad un braccio di mare, in lui convergono e coesistono una miriade di componenti. Generosità, disponibilità, cuore; eppure nel tempo stesso oscurità, dolore, sofferenza, negatività. Perché un braccio di mare è prodigo assai; vi si trovano pesce e molluschi, mitili e gamberi, granchi e squali, rifiuti tossici ed alghe, resti di navi e barche e coralli color del fuoco. Un braccio di mare. Come un siciliano. Generoso e triste, gioioso ed austero, ciarliero ed omertoso. Scilla e Cariddi, che si vedono senza toccarsi, uniti nella storia, nel mito, separati dal mare. Una raccolta di racconti che affonda le radici nei tempi andati, e muove un filo conduttore fino ai giorni nostri, o giù di lì. Vicende tratte da una miniera ricca di fatti, nozioni, leggende, curiosità come solo la Sicilia e la sua storia sanno essere. Rivisitate poi, ça va sans dir, dall'inventiva dell'autore, con l'irrinunciabile filtro della sua personale esperienza, e della sua autonoma sensibilità.