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Non è pensabile di poter interpretare la storia di un uomo politico come Muammar al Gheddafi prescindendo dal fatto che egli abbia perseguito, quando ormai il socialismo sovietico si avviava al suo tramonto, il tentativo più radicale di proporre un sistema politico, economico e sociale alternativo al capitalismo e allo stesso comunismo. Politicamente, la teorizzazione (il libretto verde) e la concretizzazione (i congressi e i comitati di base) del tentativo di proporre (imporre) in Libia una democrazia diretta è stato un suo obiettivo costante. Con tutti i suoi limiti e di fronte alla innegabile crisi in cui versano le democrazie rappresentative, mai ostacolate e semmai sospinte dal capitalismo con mezzi leciti e non, l'intenzione non può essere sottovalutata. Ed è lecito chiedersi se il suo fallimento sia dovuto al fatto di non essere stato compreso fino in fondo dai suoi ancora immaturi destinatari, oppure perché, se avesse funzionato, avrebbe rappresentato un esempio pericoloso per ogni altra forma di governo vigente. La vita del leader libico è in questo libro ritratta in forma di racconto autobiografico. Dal condotto idrico in cui è costretto a rifugiarsi dopo l'ultimo agguato della NATO, Gheddafi riesamina, a partire dalla prima infanzia, il tragitto che lo ha portato ad essere avversato da innumerevoli accuse.