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«"E come possiamo ancora cantare..." (richiamando "Alle fronde dei salici" di S. Quasimodo) è l'incipit di questa raccolta, che pubblico a distanza di cinque anni da "Vite in cammino". Cinque anni nel corso dei quali, riflettendo sulle mie opere precedenti, sono approdata alla conclusione che elusive parole in poesia poco o nulla dicono delle aberrazioni, delle paure e dell'indifferenza che attraversano la nostra epoca "impazzita". L'unica via da percorrere oggi, a mio avviso, è quella di passare da un io lirico, a un noi che contenga ed esprima lo sconcerto, il dolore e, perché no, anche la speranza di questo tempo. Quindi il mio scrivere attuale, afferrando e proponendo immagini che vengono da un mondo altro rispetto all'interiorità, vuole essere uno sguardo sul presente, senza esuberanze liriche, vuole essere una poesia della realtà, che sia pensiero (prima che emozione) riflessione sulle cose, sui fatti... perché domani si sappia e perché oggi, forse, si capisca; una poesia che ci aiuti a riappropriarci della nostra umanità inghiottita in carsiche doline. Il lungo periodo di "scrittura in silenzio" ha rafforzato in me la convinzione che la poesia non va abbandonata, perché in questo presente lacerato e diviso è l'unica cosa senza confini, come scrive V. Pratolini ("La costanza delle ragione") e anche perché, come afferma Tiziano Terzani ("La fine è il mio inizio") soltanto la poesia può ridarci speranza, diventando una zattera con cui salvarsi o rinascere è ancora possibile.» (l'autrice)