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"Il capitale è un operatore semiotico": questa affermazione di Félix Guattari è al centro del lavoro di Lazzarato che, chiedendoci di abbandonare il logocentrismo che informa ancora tante teorie critiche, cerca di costruire una nuova teoria in grado di spiegare come funzionano i segni (e non soltanto il linguaggio) nell'economia, negli apparati di potere e nella produzione di soggettività. Superando il dualismo di significante e significato, "Segni e macchine" mostra come i segni fungano da "operatori" che entrano direttamente nei flussi materiali e nel funzionamento delle macchine. Il denaro, le quotazioni di borsa, i differenziali di prezzo, gli algoritmi, le equazioni e le formule scientifiche costituiscono "motori" semiotici che fanno funzionare le macchine sociali e tecniche del capitalismo, scavalcando la rappresentazione e la coscienza e producendo soggetti e servitù macchiniche. Mostrando come la semiotica di Deleuze e Guattari sia più efficace delle teorie politiche in cui il linguaggio gioca un ruolo fondamentale (Jacques Rancière, Antonio Negri e Michael Hardt, Paolo Virno e Judith Butler) per rendere conto del funzionamento del capitale contemporaneo, Lazzarato si chiede: quali sono le condizioni per una rottura politica ed esistenziale in un'epoca in cui la produzione di soggettività non dipende esclusivamente o principalmente dal linguaggio? Quali sono gli strumenti necessari per neutralizzare la produzione industriale di soggettività? Quali tipi di organizzazione dobbiamo costruire per un processo di soggettivazione che ci consenta di sfuggire alla presa della sottomissione sociale e della schiavitù macchinica? Nell'affrontare queste domande, "Segni e macchine" assume un compito che oggi appare sempre più urgente e inderogabile.