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Le lezioni sul potere costituiscono la seconda parte del Corso che Gilles Deleuze dedicò all'opera dell'amico a poco più di un anno dalla scomparsa. Iniziato nell'ottobre 1985, le prime otto vennero dedicate al "sapere", ovvero al primo dei tre grandi assi che Deleuze individua nel pensiero di Foucault. Nelle lezioni contenute in questo secondo volume viene messo a tema il secondo asse: quello appunto rappresentato dal "potere". Per Deleuze, il pensiero non è mai qualcosa di effettivamente sistematico, di ordinato una volta per tutte, ma piuttosto un percorso vitale e pratico, ricco di acquisizioni, shock, deviazioni, trappole, salti improvvisi e abbandoni, che non sono semplicemente oggetto di una ricostruzione ma richiedono, a loro volta, nuovo pensiero e differenti vie di ricerca, in una sorta di combinazione felice, virtuosa, di commento e capacità inventive, di ulteriore concettualizzazione. Le lezioni sul potere forniscono allora una periodizzazione dell'opera foucaultiana, dei suoi rapporti con il periodo post-68 in Europa, con il marxismo e l'esistenzialismo, con Nietzsche: commentano i postulati di un'analisi serrata e produttiva del potere e nozioni decisive quali microfisica, disciplina e biopolitica. Ma accanto all'impegno del commento, la lettura di Deleuze diventa capace di aperture fulminanti, di operazioni che consentono di analizzare, ad esempio, Le parole e cose, un lavoro di fatto anteriore, in relazione con le analisi del potere dei primi anni Settanta. Il fatto è che il concetto di potere richiede il dispiegamento di una vera e propria filosofia delle forze e l'invenzione della nozione di diagramma. Il problema della relazione con il sapere è affrontabile attraverso l'utilizzo di strumenti che rinviano anche alla matematica (gli integrali) e alla biologia (la differenziazione). Infine, l'enigma dei contropoteri e del cambiamento storico chiede di definire quella nozione del "fuori", così rilevante, che annuncia il passaggio al terzo asse dell'opera di Foucault: quello della "soggettivazione". Introduzione di Ubaldo Fadini.