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Come può la cultura dei diritti, necessariamente statica, dare risposte alla mutevolezza del costume? Affidarsi alla cultura dei diritti vuol dire arrendersi all'idea di una società che si struttura come somma di individui e nella quale ognuno concepisce se stesso come una centrale di diritti senza doveri. E davanti a chi, poi, andrebbero esercitati questi diritti? Chi ne garantirebbe l'esercizio e l'applicazione? Un esercito sempre più nutrito di giudici e tribunali? Sottrarci al mos maiorum per consegnarci ai giudici? E quanti tribunali sarebbero necessari per garantire a tutti l'esercizio dei diritti? E ancora: in una società così scomposta, chi, e in che modo, potrà essere chiamato a esercitare l'autorità? Postfazione di Licia Conte.