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Jean Améry (1912-1978), già Hans Mayer, scrittore e saggista "non-non-ebreo", fu un testimone particolarmente acuto e sensibile della Shoah. In Italia è noto soprattutto per tre saggi di ispirazione filosofica - Intellettuale a Auschwitz, Levar la mano su di sé, Rivolta e rassegnazione - e per il romanzo Charles Bovary, medico di campagna. Portandosi su terreni di confine della ragione, indagando oggetti che sfuggono a priori all'analisi - il dolore, la morte, il flusso del tempo e della memoria - Améry fu un acrobata della negazione, capace di affrontare le illusioni radicate nel pensiero e nel senso comune con l'osservazione lucida e impietosa dall'interno. Dalla sua riflessione scaturisce un confronto serrato con pensatori quali Nietzsche, Scheler, Weber, Freud, Adorno, Sartre, Jankélévitch, Cioran e testimoni come Bettelheim e Levi. Questo volume presenta l'opera di Améry e approfondisce alcuni temi del pensiero occidentale - l'invecchiamento, il suicidio, la concezione del tempo e dell'individuo - ma affronta ugualmente le questioni della Shoah, della testimonianza e della creazione letteraria, proponendo una rivalutazione filosofica del risentimento, inteso come re-sentir, capacità percettiva e coscienza riflessiva, "fonte emozionale di ogni morale autentica, che sempre fu una morale degli sconfitti".