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"Una levatrice, che aveva imparato il mestiere nella Pia Casa della Maternità di Parigi sotto la guida della celebre Louise Bourgeois, si trovò ad assistere, il 13 gennaio del 1622, la gentilissima signora Poquelin, nata Cressé, che partoriva il suo primogenito, un bimbo prematuro". Comincia dalla nascita di Jean-Baptiste Poquelin - il futuro Molière - il singolare ritratto della vita e dell'opera del drammaturgo francese che Bulgakov finì di scrivere nel 1933. Se l'autore del "Maestro e Margherita" trascurò le costrizioni del canone biografico, costruendo di fatto - per sua stessa ammissione - un romanzo, e se questo romanzo, poco scientifico ma interamente bulgakoviano, fu all'epoca censurato dal potere sovietico e pubblicato solo nel 1962, è per via delle reali intenzioni che ne guidarono la composizione. Come Molière, che visse sotto il Re Sole, Bulgakov visse le interferenze del regime stalinista, la sua energica intromissione nei mondi della creazione artistica, la sua capacità di far proliferare quello che Cechov - e ancor prima di lui Gogol' definì poslost': la 'mediocrità auto-soddisfatta. "La vita del signor de Molière", che pure resta tra i più lucidi studi sul maggior drammaturgo francese, nasconde così, in filigrana, un romanzo di opposizione, un'opera narrativamente perfetta dove palpita, lieve e minaccioso, il seme della contestazione.