Tab Article
Nella poesia di Emily Dickinson, in bilico fra l'abisso e la vertigine, percorsa da una discontinuità che complica la trama delle cose, sempre tesa fra opposti all'apparenza inconciliabili, l'"io" è l'argine che spezza e ricompone i significati. Il motivo che accomuna le settantasette liriche di questa raccolta è lo scandaglio dei suoi moti intimi, l'introspezione fantasiosa e assorta dei suoi slanci, dei suoi trasalimenti, in una discesa che sonda le ragioni segrete dell'essere e sembra non toccare mai il fondo. Lo sguardo che la poetessa punta su di sé non conduce mai al ripiegamento, al contrario, produce un'apertura verso l'infinito. E come uno specchio, l'infinito restituisce un'immagine che interroga se stessa e il mondo, ed è al contempo soggetto poetico, oggetto d'indagine e campo d'azione. Ostinata, passionale, ironica ed elusiva, grave e irriverente, Emily Dickinson ritrae il suo "io" lirico con tinte ora lievi ora sfrontate e, con un gesto ambivalente, lascia il ritratto "appena in vista", insieme nascosto ed esibito, mai concluso, concedendogli una voce poetica che trae unità dal suo "interno divergere" e trova compiutezza nella forza di chi non riconosce altro sovrano al di fuori di sé. Postfazione di Alessandro Portelli.