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Il nuovo romanzo di Daniella Carmi narra la storia di una coppia araba di religione mista (se Salim è musulmano, sua moglie Nadia è di famiglia cristiana) che prende in affido Natanel, un ragazzo di fede ebrea ortodossa chiuso in un silenzio che solo le canzoni dei Beatles interrompono. Sono le parole della lingua inglese ad aprire un varco al mondo, a rompere quell'incomunicabilità di cui il ragazzo è simbolo - un impossibile che, se trova il suo paradigma nei conflitti che attraversano l'universo arabo-israeliano, appartiene in realtà alla condizione umana. Le peripezie cui vanno incontro gli antieroi del romanzo costituiscono l'originale e divertente metafora di un nuovo Israele che aspira a una banale normalità, ma che non trova la strada per fare di quelle aspirazioni private e intime un discorso sociale e politico, capace di cambiare la realtà e segnare il corso degli eventi. La fuga dei genitori arabi con il figlio ebreo, per sottrarsi a chi li vuole separare in nome dell'ortodossia, si conclude nell'ambiente surreale e psichedelico di un locale gay: un luogo che è la stralunata sintesi del "diverso" che sceglie "l'identico a sé". Forse un invito a riconoscere nella diversità che ci abita la via d'accesso a quanto vi è di più intimo.