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Sullo sfondo di una Parigi ingrigita e ormai lontana dall'euforia della Belle Epoque, come quella dei primi anni '30, l'inquietudine di Christophe Bohun, fragile demi-héros del '900, in fuga dal centro vitale della sua stessa esistenza, disegna con volute sempre più asfittiche lo spegnimento della sua volontà di vivere. Prive di autentici desideri, le sue giornate procedono senza gioie e quando, nei rari momenti di isolamento felice, la vita sembra donargli un raggio di luce, subito sopraggiunge un'oscurità ancora più fitta. Il crac finanziario del padre, avvenuto dieci anni prima, gli serve fin dall'inizio come pretesto per giustificare di fronte a se stesso lo smarrimento di ogni senso da cui è sopraffatto, l'annullamento di ogni speranza di cui è prigioniero. Nell'attesa inerte del compiersi di un destino di cui non riesce ad assumersi la responsabilità, la sua vita scorre macchinalmente fra le ombre di un passato mitizzato e l'impulso a estraniarsi, perdersi definitivamente. Come in altri romanzi della Némirovsky, anche nella vicenda esistenziale di Christophe si riverbera la dissoluzione di quella generazione d'entre-deux-guerres che, incapace di farsi carico della realtà della vita, anela a rifugiarsi nel mondo sicuro dell'abbondanza, ed è perciò fatalmente destinata ad arrendersi. Prefazione di Roberto Deidier.