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Il libro racconta gli "incontri" dell'autore con persone senza fissa dimora, con le povertà del nostro tempo, con infanzie segnate dalla vita. Lo fa sia attraverso brevi sintesi e riflessioni, sia con la poesia, per descrivere e illuminare la ricchezza interiore di chi è in grado di fermare il tempo. Si tratta di condivisioni di brevi tratti di strada, dove ci si chiama per nome, ci si ascolta e chi non ha e fa fatica sa regalare doni d'affetto inaspettati e indimenticabili. Il libro si chiude con un capitolo sulla Speranza, quella che vive nel cuore di tanti volontari che operano nel sociale e non li abbandona mai, sono uomini e donne che qui ci parlano delle dinamiche delle relazioni di aiuto. La Speranza, che attraversa il libro fin dall'inizio, è intesa come richiesta, augurio, risposta, condivisione, affinché anche i sentieri più impervi possano divenire percorribili. I vari volti dell'emarginazione sociale e dell'infanzia ferita ci interrogano sulla nostra capacità di compartecipare alla costruzione di relazioni sociali migliori.