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Di Marco Attilio Regolo si hanno notizie quasi esclusivamente militari. I quasi contemporanei Polibio, Ennio e Marco Porcio Catone si soffermano solo sulle imprese belliche di colui che, per due volte, fu acclamato console di una Roma non ancora all'apice della sua potenza nel Mediterraneo. Solo più tardi venne fuori il mito del "Supplizio della botte", ad opera di Tito Livio, Orazio e Svetonio, che vollero elevarlo alla gloria di Padre della patria. In questo romanzo non possono essere dunque numerosi i riferimenti storici; l'autore ama più che altro spaziare con la fantasia sulle vicende di un personaggio divenuto leggendario man mano che la potenza di Roma si faceva sempre più marcata. È un immergersi nella vita dell'Urbe dei primi secoli della Repubblica, quando la dignità, l'onore e il mantenimento della parola data erano ancora alla base dell'esistenza degli antichi romani.