Passeggiate con Dante a Bologna di Brunetti Giuseppina - Bookdealer | I tuoi librai a domicilio
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Passeggiate con Dante a Bologna

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Se Firenze "madre di poco amore" conserva nel suo perimetro urbano originario («la cerchia antica», Pd. XV, v. 97) il punto in cui sorgevano le case degli Alighieri, dove Dante nacque, e se Ravenna ne protegge ancora l'ultima dimora terrena su una cui epigrafe («parvi Florentia mater amoris») si ricordava appunto quella negligenza fiorentina, durevole, la ferita dolorosa dell'esilio, non vi è forse altra città se non Bologna ove è ancora possibile rintracciare nel tessuto cittadino tanti vasti ricordi di nomi e avvenimenti 'danteschi': la prima e più antica poesia sopravvissuta dell'Alighieri, nota precocemente ai notai bolognesi, scritta per e nella città felsinea parla infatti della più celebre delle sue antiche torri, la Garisenda, mentre uno degli ultimi testi scritti da Dante, in latino, rispondeva proprio all'invito a tornare a Bologna dove un'ancora non riconosciuta Testilide (glielo mandava a dire, in versi, il professore dell'Università Giovanni del Virgilio) lo avrebbe accolto preparandogli un'ospitalità amicale, allietata da semplici piaceri: un giaciglio profumato di mirto selvatico e, naturalmente (se non la mortadella) pietanze odorose di funghi conditi con aglio e pepe in polvere («Testilis hec inter piperino pulvere fungos / condiet, et permixta doment multa allia»). Bologna è stata costantemente presente nella fantasia e nell'opera di Dante e a Bologna è possibile ancora riconoscere, camminando per le strade del centro, alcune forme del paesaggio che Dante stesso dovette vedere sin da giovane: le mura antiche che si possono scorgere in città - ad esempio: un bel frammento della seconda cerchia, pressoché intatto, è nei pressi della nostra gloriosa Università, l'attuale Piazza Verdi/via Zamboni - oltre alla già citata torre, paragonata per altezza e forma vertiginosa all'aspetto del gigante Anteo, piegato sui Dante e Virgilio passeggeri nel fondo cupo dell'Inferno (Inf. XXXI). Dall'Introduzione

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