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È possibile pensare la schizofrenia da un punto di vista antropologico, storico e filosofico anziché medico-clinico? Pensatori illustri come Gregory Bateson, Michel Foucault e Gilles Deleuze si sono già cimentati in questa impresa, ed è a partire dal loro approccio che l'autore - che si confronta da vent'anni con famiglie con componenti con una diagnosi di psicosi maniaco-depressiva, di depressione maggiore o di schizofrenia - ha concepito questo libro, che non vuole dunque essere solo, né principalmente, un libro sulla schizofrenia, bensì un'analisi del discorso intorno alla schizofrenia. Il fatto che questo non sia un libro psichiatrico non significa che sia antipsichiatrico. Non intende affatto negare la validità di alcune assunzioni psichiatriche - come l'ipotesi di una componente chimica, legata ai neurotrasmettitori, o addirittura di una componente genetica - ma recuperare le radici di un pensiero di diversa matrice. Il volume si compone di due parti: una clinica, l'altra antropo-filosoflca. Nella prima parte, avvalendosi della descrizione di alcuni casi clinici e di sedute di terapia, si analizzano le metamorfosi dello schizofrenico della famiglia - perché è nella famiglia che, dalla chiusura dei manicomi, vive lo schizofrenico, è lì che oggi si sviluppano il suo delirio paranoide e la sua possibilità di libertà - e si ricostruisce il discorso psichiatrico sulla sindrome. La seconda parte tratta invece della filosofia della schizofrenia.