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Finimunnu, in dialetto reatino, significa "finimondo", che a sua volta deriva dal latino "finis mundi": fine del mondo. Tizzone, Rusciu e Muccu camminano in equilibrio sopra ai bordi scivolosi di una fine del mondo che può rappresentare sia la fine dell'infanzia, la malattia, il terremoto, l'analfabetismo, sia le conseguenze della guerra. La loro storia azzarda una precaria armonia tra il tragico e il comico. Le loro gesta, e le loro sfortune, sfuggono a qualsiasi giudizio, e solo attraverso l'ironia si può carpirne il senso. Il racconto è scritto in dialetto reatino, senza l'ambizione di essere un trattato filologico ma, piuttosto, una rappresentazione fedele dei loro pensieri. Ogni personaggio ed evento sono ispirati a racconti tramandati di generazione in generazione, avvenuti nel reatino, ma che potrebbero essere accaduti in qualsiasi parte del mondo. Danilo Mengoni, nato e cresciuto a Rieti, rimodella con quest'opera le suggestioni di una città e di un'epoca lontana, ma che, sempre più spesso, sembra voler tornare tragicamente attuale, ovunque nel mondo.