Tab Article
Poeta, saggista, ma anche insegnante presso gli istituti superiori, Paolo Carlucci dedica il suo ultimo, cadenzato viaggio lirico alle derive, ai lapsus, agli scenari tragicomici, allarmati e allarmanti, di un mondo giovanile che vorrebbe imporsi, protestare, ma non ne ha in fondo più gli strumenti, il piglio sia mentale che culturale. Ed è l'Erasmus Generation cui Paolo si era già dedicato con sagacia, con affettuosa ironia, ma ora, in piena Era Covid, ancora più alienata, scombiccherata, zoppicante e recalcitrante. Con la malinconia di un tardo-umanista che non riesce più a insegnare né Platone né la Rinascenza, invischiato anch'egli nell'equivoco di una Modernità "verde", ecologista, ma viziata e tarata di consumismo, Carlucci porta avanti la sua disamina del "Google Man", irrinunciabile ma sciagurato, con una verve fragrante e adorabile, strampalata fra riti massmediatici e jatture psicosociologiche. Resta appunto la coscienza "amletica" del Prof umanista, teso in interrogazioni e monologhi di un divertente, ed egualmente drammatico "to be or not to be" (iperconnesso).