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Una storia corale musico-letteraria del migrante attraverso il viaggio da e verso l'Uruguay. Un'impresa dei ricordi e della riconoscenza, la volontà decisa di mantenere il passato per ciò che di buono ha da offrire al presente. La metafora del viaggio come decostruzione di un'identità chiusa, a vantaggio di un'altra che è sì radicata in un Paese ma che è anche aperta e cosmopolita, che è in grado di abbracciare i fratelli e le sorelle che numerosi nei percorsi arricchiscono l'incontro in primis con se stessi. Questa è la narrazione di Angel Luis Galzerano. Dopo la poesia musicata della nostalgia in "Di qui e d'altrove" (2010), offre ora un quadro storiografico che valica i confini di una nazione per divenire memoria collettiva, con miti noti e personaggi meno conosciuti, che meritano di essere trasversalmente accolti come patrimonio culturale comune. Prende spunto dalla propria vita, dalla personale storia di figlio di italiani emigrati, ed egli stesso migrante instancabile tra Uruguay e Italia. Un figlio che ha ritrovato radici nella nordica Brescia, ma non solo, perché le tante adozioni concesse a volte ci donano una famiglia allargata da cui non possiamo più prescindere.