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Il Cavaliere il cui nome è sinonimo di esuberante vitalità amorosa è divenuto, nei secoli, protagonista di una scena senza spazio e senza tempo. È cittadino del mondo, la sua storia è stata scritta in prosa, in versi e in lingue e tempi diversi su partiture musicali che trovano la loro più alta espressione in quella che 'trabocca' dall'opera di Mozart, incarnandone il mito. Per vie temporali e logistiche al sivigliano - e già un po'napoletano - Don Giovanni spetta di diritto la cittadinanza onoraria di Napoli, dalla cui musica il genio di Mozart si lasciò volentieri suggestionare nel suo soggiorno napoletano. Dopo Tirso de Molina, in lingua napoletana scrisse il suo Don Giovanni il Perrucci e Il Convitato di Pietra, musicato dal napoletano Giacomo Tritto, fu eseguito a Napoli nel 1783, quattro anni prima della nascita del capolavoro di Mozart. Questo nostro piccolo divertissement cede alla tentazione di reinterpretare la cittadinanza napoletana di Don Giovanni con la musica che 'trabocca' dalle nostre canzoni, dalla loro verità fatta di pianto e riso, vita e morte, amore e tradimento, felicità e dolore e dalle quali traluce la vitalità di un popolo appassionato, trasgressivo talvolta fino al peccato, circondato da una bellezza che gli fa ancora credere nei miracoli e che, in ispirazione reciproca con musica e parole, ha creato un mondo poetico-musicale rimasto insuperato: le nostre eterne canzoni. A queste varie tentazioni, troppo allettanti per resistevi, dobbiamo il nostro Don Giovanni napoletano.