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Il volo dell'ippogrifo non sfiora la sommità del cielo. Si mantiene rasente ai rami degli alberi. Dalla media altezza, che è poi quella ben nota "certa distanza", il poeta che lo guida può guardare con la sua ironia le cose del mondo, inquadrandole in una visuale a più ampio raggio. Senza perdere di vista, però, le passioni, le debolezze, le contraddizioni inerenti i destini degli uomini, riuscendo a perfezionare il gioco interattivo fra il dispiegarsi della più sbrigliata fantasia e il sostegno di una logica sempre inattaccabile. Poi verrà il tempo in cui l'ippogrifo sarà dismesso. Uscirà dalla scena del racconto, quando la normalizzazione avrà il sopravvento e di viaggi straordinari non ci sarà più bisogno. Sarà il tempo in cui anche Orlando, finalmente rinsavito, decadrà a pura presenza di sfondo, mentre l'assolutezza del primo piano toccherà a chi, del romanzo/mondo ariosteo, deve garantire la dimensione eziologico/encomiastica.