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La pallanuoto occupa la scena, sullo sfondo la guerra etnica in Jugoslavia. Al centro un giovane serbo: Dugan Popovic, Pop per gli amici. Gentile nella vita, modi spicci nelle battaglie in acqua. Gioca nel Posillipo, squadra bella e vincente. La sua realtà è sconvolta dalla sfida di Champions a Becej, nel cuore della Serbia, contro la squadra del comandante Arkan: signore della guerra e di sanguinarie nefandezze. Vince il Posillipo. Pop è devastante, come la rabbia di Arkan. Un avvertimento mafioso allarma il gigante fragile. La casa dei genitori a Belgrado è privata dell'energia elettrica, unica nell'intera zona. Teme possa essere legato alla minaccia di morte per la sua relazione con la donna di un criminale. Torna a Napoli. Il campionato è alla stretta finale. Il contributo di Pop si rivela insufficiente. La notte della sconfitta decisiva, con la sua auto sgangherata è vittima di un frontale a Castelvolturno. I medici dicono: sarà tanto se tornerà a camminare. Ma la vita toglie e dà. A lui regala l'amore, quello di Nadia, giovane napoletana che lo seguirà anche a Firenze. Lì riprende a giocare. Diventa allenatore, ci mette il cuore. Poi scopre l'avversario più terribile, la depressione. Va a Belgrado. Cerca di recuperare il rapporto con la vita. Un altro incidente - forse d'auto o forse no - mette il punto definitivo al romanzo di Pop. Questa è molto più della storia di uno sportivo. È un intricato mistero, con dubbio finale.