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Quello che troverete in queste pagine lo dovete intendere come un'onda lunga che esce dal mare e arriva sulla spiaggia. Ero un prete, mi sono sposato, ho lavorato quaranta anni in fabbrica, e ora, prima di chiudere la mia vita, vorrei togliere il coperchio e lasciare che l'onda del sentimento interiore avesse voce. Vorrei non essere considerato uno dei tanti poveri desaparecidos e che il mio silenzio non fosse inteso come il masso posto a chiusura della tomba dove riposa un uomo sconfitto dalla sua debolezza. Non vorrei che di fronte al silenzio della Chiesa nei confronti dei preti sposati ci fosse il mio silenzio come rifugio di colui che vuol nascondere se stesso. Non vorrei però che a togliere il masso dalla tomba ci fossero solo i miei ragionamenti e le mie convinzioni. Sì, vorrei chiedere alla mia Chiesa se "sacerdote per sempre" sia un punto di forza, o non piuttosto una debolezza creativa. Vorrei chiedere se ripensare se stessi è rinnegare il cielo o camminare sulla terra. Io ero un sacerdote del tempio o un sacerdote del mondo?