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Il 7 luglio 1917, nel pieno della fase convulsa che segue la rivoluzione di febbraio, Lenin scrive al compagno Kamenev: "Se mi fanno fuori, vi prego di pubblicare il mio piccolo opuscolo: 'Il marxismo e lo Stato' (rimasto a Stoccolma). È un quaderno rilegato, con una copertina azzurra. Tutte le citazioni di Marx ed Engels sono state raccolte. Vi e una serie di note e di osservazioni, di formulazioni". Tra i mesi di agosto e settembre, Lenin riprende quegli appunti rielaborandoli in un testo articolato in sei capitoli, ma il sopraggiungere di esigenze pratiche più impellenti lo costringe a sospendere di nuovo il lavoro. "Mi ha 'intralciato' - scriverà Lenin - la crisi politica, la vigilia della rivoluzione d'ottobre. E più piacevole e più utile fare 'l'esperienza della rivoluzione' che scriverne". In effetti, rientrato da Stoccolma a Pietrogrado, Lenin organizzerà attivamente la sommossa che si concluderà il 7 novembre con la presa del Palazzo d'Inverno. Nonostante questo carattere discontinuo e accidentato, "Stato e rivoluzione" ha conosciuto un destino raramente riservato a un libro: è stato visto, a torto o a ragione, come il manifesto teorico di uno dei più grandi eventi rivoluzionari che abbiano segnato la storia del Novecento. Più ancora, il libro ha rappresentato, nei decenni successivi, e particolarmente nel campo comunista, il punto di partenza obbligato di ogni discussione attorno ai caratteri di ogni compagine statale instauratasi dopo la rivoluzione: dalle utopie della "transizione" verso la società socialista alle teorizzazioni della "dittatura del proletariato", fino alle enunciazioni dei "compiti del partito rivoluzionario" dopo la conquista del potere. Per aver prefigurato i grandi e tragici nodi del dopo-rivoluzione, tra gli scritti di Lenin, "Stato e rivoluzione" è stato quello più influente: il più letto, il più considerato, il più avversato, il più discusso. Negli ultimi decenni poi, per una sorta di fatale contrappasso, è entrato nel limbo di un oblio da cui si sono astenuti solo i più rigidi, e sempre più sparuti, difensori di una conclamata ortodossia. Edizione del centenario con un saggio introduttivo di Tamás Krausz su "Lenin e la rivoluzione d'Ottobre".