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Il Banco di Sicilia è stato una delle più importanti banche italiane. Fin dalle sue origini (1867) ha esercitato un ruolo centrale nella vita dell'Isola, non solo influenzando i processi di sviluppo economico e di trasformazione produttiva, ma anche concorrendo a determinarne i mutevoli equilibri negli assetti sociali e politici. Utilizzando fonti in larga parte inedite, il volume esamina per la prima volta le vicende di una banca che fino al 1926 godette del diritto di emissione monetaria, operando come banca delle banche, in un rapporto di cooperazione-competizione con gli altri istituti di emissione, al cui vertice era posta la Banca d'Italia. Fra le due guerre, il Banco trasformò radicalmente il suo modello di attività, impiantando quasi da zero i servizi di credito commerciale, ampliando la sua presenza in Italia e all'estero, estendendo la sua operatività nel credito speciale a lungo termine. Nel secondo dopoguerra, nel quadro dell'autonomia regionale siciliana, esso esercitò la funzione di una vera e propria finanziaria di sviluppo, sostenendo l'avvio di importanti iniziative industriali. A partire dai primi anni sessanta il rapido esaurirsi della parabola di sviluppo dell'economia siciliana, le strategie gestionali ambiziose e poco attente al controllo dei costi e della qualità del credito, i forti condizionamenti di natura politica e ambientale, determinarono quel deterioramento delle condizioni di bilancio che, seppur con fasi di ripresa, accompagnò le vicende del Banco per oltre un trentennio, fino alla trasformazione in società per azioni e all'assorbimento in gruppi creditizi di portata nazionale. Il volume descrive dunque le principali strategie aziendali, i mutamenti istituzionali e l'andamento economico del Banco di Sicilia dal 1867 al 1991, analizzandolo anche come luogo di selezione e affermazione delle élites e dei ceti dirigenti, in un complesso di rapporti personali, familiari, politici, che rende la sua storia inestricabilmente legata alla storia della Sicilia.