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Le città non sono costruite per rispondere alle esigenze e ai desideri degli abitanti. La loro vita è compressa in spazi generati da interessi economici che nulla hanno a che vedere con il diritto di un benessere diffuso. Quando è possibile gli abitanti adattano gli spazi cercando di renderli più adeguati alle loro abitudini e più rispondenti al loro piacere attraverso piccole azioni svolte direttamente, con mezzi limitati e spesso non autorizzate. Queste minute azioni evidenziano l'interesse delle persone a gestire lo spazio insediato, migliorandolo, e a parteciparne alla definizione; esse mostrano una capacità e una volontà che i progettisti non possono ignorare né risolvere nello svolgimento di formali processi partecipati. Sulla base di queste premesse e sul riconoscimento del diritto degli abitanti di conformare il proprio spazio, gli Autori hanno raccolto le loro riflessioni, e quelle di alcuni amici, sulle potenzialità dei progetti sviluppati insieme agli abitanti, sull'opportunità di comprendere le culture non ufficiali, sull'importanza del disordine e dell'informale. Tali considerazioni delineano la funzione dell'architetto nello stimolare e nel promuovere soluzioni progettuali condivise operando nelle comunità in maniera non autoritaria, aperta e sensibile.