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Un romanzo che ha il pregio di coniugare atmosfere fiabesche e fuori dal tempo con tematiche estremamente attuali, come quella del rapporto tra l'uomo e la natura. Durante l'esordio viene chiarito l'antefatto della vicenda che costituirà il fulcro del racconto: attraverso la voce del cantastorie Alvaro e del contadino Corcelsio, si narra la storia della felice monarchia, che aveva condotto il Lido verso la pace e la prosperità ideali, e il venir meno poi di queste fauste condizioni. Si scopre così che a innescare il processo di depauperamento della natura e il progressivo incrinarsi della pacifica convivenza con essa, di cui godevano un tempo gli abitanti del Lido, è stato un tragico errore commesso dal monarca. I dettagli restano ignoti fino alla fine del romanzo: solo nell'epilogo verrà infatti svelata la natura dell'errore e la soluzione più consona a porvi rimedio. A dominare il tutto - nel susseguirsi di personaggi, sentimenti e vicende - è la descrizione del Lido: un luogo sconosciuto e misterioso, dove convivono le vestigia di un antico splendore e terre divenute infruttuose e desolate. In questo contesto, lo stile dell'autore, con l'abbondante aggettivazione e l'uso dell'ipotassi, conferisce al fluire della narrazione un'aura fortemente evocativa. L'opera si pregia inoltre della Prefazione di Renato Minore, scrittore e critico letterario, che sottolinea: «Federico Carro prova a raccontare questa storia che gli appartiene, il "cuore di sentimenti e di affetti" che appartiene alla comunità ligure dentro cui ha le proprie radici, nella forma di una fiaba dall'impronta un po' gotica, un po' picaresca, un po' segnata dall'alone di una "realtà" che si impone con i segni distintivi di un vero e proprio descensus i cui segni "reali" sono svaporati nel clima del sogno e della reverie».