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La lirica di Irene Navarra origina da un'insopprimibile necessità dell'anima. Narra, con intento consolatorio, vicende di crolli e rinascite attraverso metafore, correlativi oggettivi, analogici nessi che intaccano la distanza tra noto e ignoto mentre dipanano grovigli di pensiero. Nelle vivide immagini, evocate per significarli, è chiaro un desiderio di progresso non immune da utopia. A esse si accompagnano categorie espressive singolari: neologismi, costrutti di parole ad amalgama o ad accumulazione, chiose dalla cadenza icastica. Ne deriva un ritmo ora disteso ora concitato che suggella la scrittura fervida del libro. Il registro lessicale e stilistico si fa così veicolo di incursioni oltre il confine di un lacunoso distinguere. L'autrice, allora, avverte la poesia come un luogo in cui approfondire la dimensione soggettiva. Là si rapporta al reale, lo distilla, ne decifra l'ordine, lo supera trovando una via più serena a se stessa. E proprio nella misura di quello spazio sa accettare il suo perenne struggimento per il contemperarsi di cuore e ragione.