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Romanzo inatteso nel panorama narrativo seicentesco, "La duchesse d'Estramène" (1682) non ignora il modello ormai affermato della Princesse de Clèves, ma guarda altrove. Scarne indicazioni iniziali situano la vicenda intorno al 1670, tra le corti di Francia e d'Inghilterra. L'azione, tutta interiore, si svolge in uno spazio astratto non molto dissimile da quello delle tragedie raciniane. In un alternarsi di scene di dialogo e di lunghi monologhi interiori, viene narrata un'insolita storia di personaggi manovrati da un abile e crudele regista, che recitano una commedia cortigiana. In rari momenti la forza delle passioni fa cadere le maschere e l'azione volge al tragico. L'esito è paradossale: un lieto fine, vagamente sospetto, vede la protagonista rinunciare all'«amore-passione» in nome dell'«amore-stima» e la trasformazione in marito esemplare di un gentiluomo che aveva sempre manifestato un'invincibile avversione per l'«odioso giogo» del matrimonio.