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Mumbai, India. Anil Mehotra è un uomo solido, pragmatico, razionale. Con l'aiuto del suo braccio destro Ahmed ha creato dal nulla un'azienda di successo. Ahmed, musulmano, è un dipendente discreto, mite, saggio, fidato: di certo, pensava Anil, di cultura induista, non gli avrebbe mai riservato sorprese. Un giorno, però, durante la festa di Shab-e-baraat, Ahmed invita Anil a casa sua per offrirgli un piatto di halwa preparato dalla moglie Roshni... Lì un dettaglio inquietante altera in modo irreversibile un equilibrio che sembrava perfettamente armonioso. Entrando nell'appartamento, Anil attraversa una soglia: niente, da quel momento sarà più come prima, e quando Anil crederà di aver rischiarato razionalmente la "notte" di Ahmed, si troverà invece costretto a mettere in discussione tutto, ma proprio tutto, ciò che credeva di sapere. "La notte della felicità", in bilico tra "Passaggio in India" di Forster e le ghost stories "senza fantasma" di James, Du Maurier e Byatt, è un sottile romanzo sulla sostanziale inconoscibilità dell'altro, sulle ferite inflitte dalla storia e sulla possibilità di scoprire come e quanto la realtà sia formata da un intreccio di visibile e invisibile - a patto di saper aguzzare lo sguardo.