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Tutti volevano lo sviluppo, lo sviluppo doveva andare da tutte le parti ma non era possibile. Sarebbe venuta fuori una città che non stava né in cielo né in terra. Una montagna di metri cubi di cemento senza uno scheletro urbano: mancavano servizi, fognature, le strade. I diecimila abitanti dell'antico borgo erano diventati duecentodiecimila. Mestre era un simbolo in Europa: la città con meno verde per abitante, meno di mezzo metro quadro per ogni cittadino. Tano Zorzi parlava un'altra lingua in consiglio comunale. Introduceva concetti estranei alle lobby quali un'attenzione all'ambiente e al rapporto sostenibile fra la città di Venezia, la zona industriale di Porto Marghera e la Nuova Mestre che non aveva concluso la sua espansione. Sarebbe stato difficile rattoppare a cose fatte, ma era una sfida intrigante. La città grigia poteva per la prima volta partorire una svolta verde con l'ambizione di puntare al primato europeo dei parchi urbani e a ricreare i boschi che l'avevano caratterizzata per secoli. Un viaggio lungo tutto il Novecento, per recuperare la memoria storica del proprio paese, per rivolgersi in futuro ad esso con sguardo attento e partecipe a salvaguardare il bello.