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Fin quasi alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, medici, fisiologi, allenatori e atleti erano sicuri che per un uomo non fosse possibile correre il miglio in meno di quattro minuti. Nonostante fosse reduce dal deludente quarto posto sui 1.500 alle Olimpiadi di Helsinki, Roger Bannister era altrettanto fermamente convinto che il limite dei quattro minuti fosse solo una barriera psicologica. E con metodo e determinazione si pose l'obiettivo di essere il primo uomo a correre sub four. Erano gli anni del dopoguerra, anni di ricostruzione e di sacrifìci. Anni diffìcili, ma anche pieni di attesa di un futuro da costruire. Nel 1953, mentre a Westminster veniva incoronata la regina Elisabetta, una spedizione inglese aveva conquistato l'Everest. Il record sul miglio era considerato un altro Everest da scalare, e anche altri nel mondo stavano tentando la stessa impresa: l'australiano John Landy e l'americano Wes Santee erano i concorrenti più pericolosi del mezzofondista inglese. Dopo due anni di allenamenti e tentativi falliti, il 6 maggio 1954, a Oxford, la città dove si era laureato in medicina, Bannister corse il miglio in 3'59"4. Il muro era caduto. E a testimoniare che si trattava davvero solo di un muro psicologico, 46 giorni dopo Landy abbassò ulteriormente il suo record. Ma Roger era stato il primo. "Il miglio inglese" è un racconto di tenacia e speranza che ripercorre un momento epico della storia dell'atletica moderna.