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Se nei "Doni dell'imperfezione" Brené Brown ha indicato le coordinate per una vita libera dai condizionamenti del perfezionismo e in "Osare in grande" ha rivendicato l'importanza di avere il coraggio della propria vulnerabilità, in "Credevo fosse colpa mia (ma non era vero)" la celebre ricercatrice statunitense va dritta al cuore del problema: la vergogna. C'è infatti "la sensazione intensamente dolorosa di essere difettosi e quindi immeritevoli di accettazione e appartenenza" alla base del disagio che nella nostra società avvolge molte esistenze, soprattutto quelle di donne che si trovano a gestire un crescente senso di colpa a causa del conflitto fra i multiformi ruoli che sono quotidianamente impegnate a impersonare. Con la sua prosa insieme rigorosa ed emotiva e il ricorso costante all'esempio tratto dalle esperienze vissute delle centinaia di donne intervistate, Brown ci mostra come sia fondamentale individuare il senso di vergogna, anche quando si presenta nelle sue forme più insidiosamente mascherate, comprendere le ragioni psicologiche e sociali dalle quali viene generato e alimentato, esporlo con coraggio all'empatia delle persone che ci circondano e riuscire così a lasciarselo alle spalle, disinnescando tutte le "trappole della colpa" che ci impediscono di vivere la vita con pienezza.