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Imitando il sintetizzatore, le parole generano poesie musicali e il poeta è innanzitutto un creatore di suoni. Il filo conduttore di questi versi è la perdita assoluta di senso che non cede all'abbandono, ma che sfrutta tutta la rabbia a disposizione per costruire una luminosità virtuale. Nascono dunque nuovi significati che partono dal piano fonico della poesia: come una sorta di braille dove si imprimono le rugosità dei pensieri inediti. La poesia ritmica e minimale di Armio Neloci plasma immagini di vita mischiate al JavaScript, ai trend di Google e all'amore di classe. 'Poesie per il sintetizzatore' è in definitiva un breviario personale su come sovrascrivere la società liquida attraverso una serie ordinata di visioni intime, ma globali. Cinque capitoli, cinquantadue poesie, un piccolo archivio sonoro dove le parole eseguono una vecchia partitura con il sintetizzatore.