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A volte il nesso tra le cose, il loro senso nascosto, è costituito da un intervallo, lo spazio muto tra gli elementi. Nessun ponte, nessuna scala, nessun filo. Semmai la loro ombra, la vibrazione fantasma delle loro architetture arrugginite coagulata in una distanza indefinita, astratta. Accade così che due o più punti tra loro distanti, ingigantiti dall'assenza, si evochino l'uno con l'altro e si richiamino in un gioco melodico di contrappunti musicali, unendosi. Così in Diastemata. Viola, sua mamma Bimba e la figlia Giulia, protagoniste del romanzo, sono il logos della fabula, la ragione storica di una generazione vissuta dal dopoguerra a oggi declinata al femminile; Ottavio, Angelo e Gabriele, la sua cornice tematica: la vacuità del fascino esteriore, lo sdoganamento del desiderio e l'ipocrisia delle apparenze.