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«L'ultimo giorno è talora un'auspicio, un desiderato punto d'approdo, una fine taciuta e un inatteso ricominciamento. Così quest'opera si fa e disfa da sola ogni volta con le sue stesse mani, impasta e annoda nuovamente il capo e la coda, riprende le fila dell'esistenza o da lei si fa guidare. La scrittura in versi ha qui la forma di una breve prosa come alla ricerca di un giusto metro in cui dirle le cose, uno spazio più esteso e un perimetro dilatato del tempo e della parola stessa che si faccia largo fra gli affollamenti quotidiani e le sue saturazioni, i tratti ridondanti e il rumore di fondo che seppellisce anche le voci interiori e talvolta noi vivi. Ecco dunque che la parola cerca una misura colma dell'espressività o lei stessa di colmare la misura e tracimare dal suo medesimo invaso, per inondare senza contenimento i giorni e poi le ore più aride dell'esistenza, le più inerti e uguali a se stesse da fecondare.» (Mattia Leombruno, Presidente Fondazione Mario Luzi - marioluzi.it)