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Quello che in genere si definisce "spirito cavalleresco" non nasce col medioevo europeo e tampoco col cristianesimo e gli ordini cavallereschi monastici, dinastici o di Stato. Esso è una condizione dello spirito che nacque quando il primo sciamano iniziò il primo guerriero e persisté e resta presso tutte le nazioni ed in ogni periodo storico. Se la caccia è, infatti, un conflitto tra specie animali diverse, per esigenze alimentari, la guerra è un conflitto all'interno della specie umana, per motivi di controllo del territorio e o di potere tra od all'interno di comunità umane. Coll'evolvere degli esseri umani verso più alte consapevolezze sociali e spirituali, i sentimenti dell'anima lo possono sopportare solo con l'intuizione dell'impermanenza dei corpi fisici, uccisi nello spazio e nel tempo, a fronte dell'eternità dei principi spirituali in essi transitoriamente animati ed incarnati. Una consapevolezza che richiede un iniziazione ad un diverso stato di coscienza. L'opera, che nasce da un insegnamento pluriennale di storia degli ordini cavallereschi seguito ad insegnamenti di storia delle dottrine politiche e sociologia dei fenomeni politici in università degli studi differenti, e da una riflessione sulla tradizione familiare, segue il manifestarsi di questo aspetto della tradizione perenne nella storia di vari popoli nel continente antico e "nuovo", e come da questo spirito marziale sia nata l'etica civile. Argomento di stretta attualità, in un epoca nella quale macchine da guerra sempre più sofisticate sembrano togliere ai combattenti la consapevolezza d'una loro responsabilità per l'impatto dei comportamenti su nemici e popolazioni civili, e negli ordinamenti di Stati, federazioni ed alleanze l'interpretazione elettoralistica della democrazia fa degli esseri umani individui senza qualità specifiche, quindi meramente sommabili come numeri. In questo quadro, sistemi premiali pubblici ed associazioni private ispirati da emblemi, decorazioni e rituali dell'antica milizia equestre da cui discendono, od alla quale si riagganciano, rispondono ad esigenze antropologiche profonde, che gli ordinamenti non possono misconoscere o banalizzare. Prefazione di Davide Bigalli. Postfazione di Giovanni Sessa.