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Questo libro non è dedicato alla folta schiera di coloro che considerano gli impiegati pubblici un insulto alla meritocrazia, loschi parassiti i quali, più che le assenze, dovrebbero preoccuparsi di giustificare la propria presenza. No, si rivolge proprio agli impiegati pubblici e lo fa attraverso la lente dell'umorismo, quella strana capacità dell'animo umano che rende piccole le cose grandi e grandi le cose piccole, e può aiutare a superare le mille insidie che la routine lavorativa abilmente nasconde: dalle spire del formalismo burocratico, spina nel fianco che affligge i dipendenti prima ancora dei cittadini, all'appiattimento retributivo; dal nonnismo tipicamente amministrativo, alla iena con la quale sei costretto a condividere l'ufficio. In questo viaggio semiserio nei meandri della PA, vengono passati in rassegna quelli che potremmo definire i vizi tipici dell'impiegato: dalle tendenze assenteistiche, alla scarsa motivazione. Colpe che l'impiegato non sempre ammette, ma che è convinto di espiare attraverso la timbratura quotidiana del cartellino: forca caudina di un ecosistema nel quale, per sopravvivere, occorre prima di tutto adattarsi.