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Nei cataloghi degli editori e nelle scansie delle librerie c'è ancora spazio per la grande lirica contemporanea? E se sì, con quali innovazioni, linguaggi e concezione dell'io? E il paesaggio, non solo quello sonoro o metropolitano dei giovani poeti, ma anche quello dei luoghi poco frequentati dall'uomo, può stuzzicare il gusto dei lettori postmoderni? A leggere questo saggio su Philippe Jaccottet, ormai novantenne, o anche un testo poetico di Fabio Pusterla, che lo studia ormai da circa un trentennio, parrebbe di sì. Con "Le bol du pélerin" inizia l'ultima e più importante fase dell'opera del vecchio poeta, di cui il poeta giovane, appassionato recensore e diremo quasi cantore, indaga con afflato amicale e scrittura struggente tutta l'opera, fino a divenirne il legittimo erede.