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Nella seconda metà dell'Ottocento l'efficienza, la regolarità e la rapidità dei servizi marittimi divennero un'arma efficace per la conquista dei mercati esteri e, in particolar modo, per lo sfruttamento commerciale dell'immenso emporio costituito dalle Indie e dall'Estremo Oriente. La concorrenza internazionale, il generalizzato calo dei noli, l'aumento del tonnellaggio mondiale e la diffusa tendenza all'accentramento della produzione in imprese sempre più grandi produssero significativi mutamenti sia sul piano tecnico che infrastrutturale, sospingendo a concentrare il traffico verso pochi e sempre più attrezzati porti, che divennero anelli di congiunzione tra il sistema ferroviario continentale e le rotte transoceaniche. Sulla base di fonti prevalentemente inedite, questo volume delinea i numerosi tentativi, parzialmente falliti, di rilanciare il porto di Venezia, riportando il Leone alato nei principali scali dell'Oceano indiano, attraverso l'istituzione di linee di navigazione regolari sovvenzionate dallo Stato, le quali, dopo l'apertura del canale di Suez e del valico del Brennero, avrebbero dovuto infrangere il predominio delle compagnie austriache nell'Adriatico e dare origine a un virtuoso movimento di transito in direzione dei Paesi europei maggiormente industrializzati.