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Chi è il flâneur? Un girovago o un poeta, un fannullone o un esteta, un sognatore o un realista? Secondo Balzac la flânerie non è una posa ma una disciplina vera e propria associata al cammino, che lui definisce "gastronomia dell'occhio". Il flâneur, dal palato, ovvero, dalla pupilla esigente, si serve alla tavola vasta di una città, un buffet aperto da piluccare, scansando i piatti celebri, per saggiare con le dita quelle pietanze rare, di cui si ignorano gli ingredienti. Il flâneur bighellona senza una meta definita ma con un ideale altissimo, la ricerca della bellezza; una bellezza inedita, inaspettata e quasi intonsa da perseguire negli itinerari alternativi, o governati dal caso, fuori dalle rotte consuete. L'occhio parte allo sbaraglio, sceglie, si nutre di ciò che lo sorprende, infine, dato che spesso quell'occhio appartiene ad un artista, restituisce il favore, matura una propria bellezza, crea. Questa parola, che esiste soltanto in francese, sembra coniugarsi direttamente con Parigi, così come l'ha coniata Baudelaire, che ne ha fatto l'archetipo dell'artista moderno, inserito in un contesto preciso, quello appunto della capitale francese di metà Ottocento...