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«Questo libro di Rudolf Otto» scrive il grande storico del cristianesimo Ernesto Buonaiuti (1881-1946), a cui si deve questa traduzione «è di una potente ricchezza di contenuto. Esso racchiude le prime linee di una filosofia della religione destinata - noi lo crediamo fermamente - a una singolare larghezza di ripercussioni e di applicazioni». E realmente Il sacro, l'opera fondamentale di Rudolf Otto (1869-1937), uno dei più grandi rappresentanti della teologia protestante liberale, è un'opera di eccezionale potenza. Apparso per la prima volta in Germania nel 1917, indaga «ciò che costituisce l'intima essenza di ogni religione», di ogni fenomeno religioso, ossia la categoria del sacro, il cui dato fondamentale e originale è il «numinoso», il razionalmente indeducibile, il concettualmente inesplicabile. In esso il divino si manifesta come «mysterium tremendum» e «fascinans», come il nascosto, il non rivelato, l'«assolutamente altro», che terrorizza e al tempo stesso affascina, che sconvolge e sbigottisce con la sua «tremenda majestas», dinanzi a cui ogni creatura è schiacciata nella propria nullità, nel suo essere «fango e cenere e nient'altro». Il sacro è dunque essenzialmente, originariamente, «tremendum» e «fascinans» e solo più tardi la religione - al suo livello più alto nel cristianesimo - si autofonda come autonoma esperienza, si razionalizza, dando corpo da una parte alle idee di giustizia, di legge morale, di peccato e di redenzione, e dall'altra all'immagine della divinità come provvidenza, come misericordia, come amore.