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«Molti hanno tentato di penetrare l'anima religiosa di Costantino e di tracciare un quadro di tutti i presumibili momenti di trapasso e di evoluzione delle sue convinzioni religiose. Ed è stata una fatica inutile. In un uomo di genio come l'imperatore, cui l'ambizione e la sete di potere non concedevano un attimo di tregua, non è possibile parlare di paganesimo e cristianesimo, di religiosità cosciente o di irreligiosità. Un uomo simile è sostanzialmente non religioso, anche se cerca di immaginarsi al centro di una comunità ecclesiastica. Il sacro è solo una reminiscenza o una frenesia superstiziosa; le pause di raccoglimento, che sorreggono la devozione dell'uomo pio, sono divorate in lui da ben altre fiamme; progetti di portata mondiale, sogni grandiosi lo trascinano senza turbamento sui fiumi di sangue degli eserciti decimati; pensa sì di poter fermarsi in pace, una volta ottenuta questa o quella cosa che ancora gli manca per possedere tutto, ma per il momento tutta la sua energia fisica e spirituale è impegnata a raggiungere lo scopo finale: il potere, e se per un attimo il suo pensiero si ferma su quella che è la sua vera professione di fede, questa non è altro che fatalismo».